Nel lungo percorso di studi che parte dall’università e porta a svolgere la professione, può capitare, a un certo punto, di decidere di cambiare percorso.
La strada è lunga, le difficoltà sono tante e può capitare che, anche con le migliori intenzioni, la motivazione a un certo punto venga meno.
La perdita di motivazione si verifica spesso in ambito clinico.
Per diventare terapeuta ci vogliono circa dieci anni. Quando iniziamo l’università non sempre siamo del tutto consapevoli di quel che ci aspetta, né di alcuni motivi più profondi che ci hanno portato a scegliere la facoltà di psicologia. Inoltre, in dieci anni ognuno di noi cambia in misura considerevole, sviluppa nuovi interessi e attraversa varie fasi del ciclo di vita.
Le difficoltà ad avviare la professione completano l’opera di demoralizzazione: la competizione, i costi, le difficoltà a promuoversi… Non è facile e l’entusiasmo può venire meno. Non è raro accorgersi, a un certo punto, che la psicologia clinica in fondo non faceva per noi.
Alcuni, sfibrati dalle difficoltà, decidono quindi di deviare verso le risorse umane; altri lavorano come educatori ed educatrici o in comunità terapeutiche, in alcuni casi più per necessità che per vero interesse. Una parte di aspiranti clinici si reinventa, infine, in settori che non hanno quasi niente a che fare con la psicologia clinica (marketing, pubblicità, altri settori professionali), e una soluzione temporanea diventa presto una scelta definitiva.
Cosa fare quando ci si scopre incerti tra “mollare” e continuare nell’ambito clinico?
Tutti pazzi per la psicologia
Uno dei problemi sorti negli ultimi dieci anni è che le iscrizioni a psicologia sono aumentate a dismisura (CNOP 2018). Come mai? Cosa attrae le persone verso la psicologia, al di là del suo fascino intrinseco?
Un’ipotesi è che le persone siano molto attratte dallo studio della mente a causa della necessità di capire se stessi e gli altri e di spiegarsi aspetti della propria storia di vita dolorosi o irrisolti.
Probabilmente questa ipotesi coglie solo una parte della verità sottostante e della variabilità che caratterizza le scelte di una facoltà come quella di psicologia. Tuttavia, in questo contesto specifico può aiutarci a capire alcuni numeri dell’ultimo decennio.
Demoralizzazione o insight positivo? Capire la differenza
Per prima cosa è bene fare un’analisi del perché non vogliamo più intraprendere il curriculum clinico. Le motivazioni possono essere diverse ed è importante capire se si tratta di un momento di demoralizzazione o di un insight positivo.
Per capire la differenza è d’aiuto affidarsi al proprio istinto e immaginarsi nel futuro.
Perché la clinica non ci piace più, cosa succede? Se ci immaginiamo tra 5 anni a fare gli psicoterapeuti siamo felici, o ci si chiude lo stomaco?
Le sensazioni psico-fisiche sono importanti. Se pensiamo di abbandonare la clinica ci sentiamo liberati da un peso o viviamo questa idea con angoscia? O siamo contenti di poter guardare, finalmente, a un futuro più in linea con i nostri nuovi interessi?
La metafora della fenice
Ognuno di noi vive il lavoro in modo diverso. Per alcune persone gli interessi professionali variano molto nel tempo e funzionano in modo ciclico: dopo alcuni mesi, o anni, in un ambito, hanno bisogno di un cambiamento. Come una fenice, queste persone rinascono dalle proprie ceneri professionali. Non c’è niente di male! Ma il giudizio degli altri, di amici, genitori e insegnanti, può pesare sulla decisione di cambiare settore lavorativo…
Proseguire o fermarsi? I fattori da considerare
Cosa valutare per capire se proseguire o meno in ambito clinico:
- I motivi della scelta. Quali sono i nostri perché più profondi? La nostra missione, ciò che racconteremo ai nostri potenziali clienti? A volte può servire un’intera psicoterapia per capirlo.
- Il livello di energia. Studiamo con passione? Abbiamo ancora la determinazione per portare avanti i nostri progetti? Abbiamo la forza di volontà per integrare le conoscenze che ci mancano e far arrivare i pazienti?
- Sostenibilità economica. Siamo disposti a/abbiamo la possibilità di sopportare condizioni economiche non eccezionali per qualche anno, pur di far decollare l’attività? Al di là delle motivazioni esiste un dato di realtà. La psicoterapia è un lavoro molto costoso, almeno all’inizio e durante gli anni di formazione.
- Sono in preda al panico? Decidere di cambiare settore e farsi prendere dal panico sono due cose diverse. Il panico non è premeditato e ci coglie di sorpresa. A volte decidiamo di fermarci quando ci troviamo in un momento di grande difficoltà. Questa potrebbe non essere la scelta migliore. Aspettiamo che l’ansia sia passata, prima di prendere una decisione.
- Quali progressi misurabili sto facendo? Quando cerchiamo di avere successo in qualcosa, i casi sono tre: o facciamo un progresso, o regrediamo, o siamo fermi.
Per avere successo non possiamo rimanere fermi, ma dobbiamo compiere progressi, anche piccoli.
Quando non sai qual è la tua strada
In Minders proponiamo progetti di consulenza specifica su misura per psicologi e psicoterapeuti che vogliono dare una svolta alla propria attività.
Se ti trovi in una fase di stallo o confusione, il mentoring potrebbe essere utile.
Anche se noi psicologi siamo tendenzialmente più analitici rispetto alla media, a volte pensare insieme a colleghi che si occupano in modo specifico di scelte professionali degli psicologi può essere una soluzione.
Mandaci un’email e parliamone, se ti va. Magari un progetto su misura può aiutarti a vedere le cose da una nuova prospettiva.